martedì 5 giugno 2012

L'ipnosi attraverso i secoli

Usa la definizione di "denso libro" Gianni Vattimo quando per "l’Espresso" recensisce "Suggestione. Potenza e limiti del fascino politico" di Andrea Cavalletti (Bollati Boringhieri, pp. 175, euro 15,00). Ove "denso" vale di sicuro per "complesso", "vasto" ma anche per troppo disinvoltamente quanto cripticamente "sciolto", tanta è la materia sottintesa e, paradossalmente, altrettanta è quella dragata con zelo, come si evince anche dai "Riferimenti bibliografici" posti in chiusura, soluzione che parrebbe escogitata per evitare - ma non si sa perché - le note a fine capitolo o a pie’ di pagina, quasi a volere dare fluidità maggiore alla trattazione, la quale comunque deve essere interrotta in continuazione, data la mole di exempla con cui l’autore imbottisce il suo prodotto. Un po’ libro di biopolitica (ma non del genere "Prigioni della mente" di A. Zamperini, Torino 2004), un po’ galleria erudita anche se la mano pittorica dell’autore non si sforza più di tanto nei tratteggi d’ambiente, pur non fuori luogo, visto che la carrellata parte dal Settecento e si ferma all’incirca all’Italia fascista, più agevole da prendere a simbolo delle pratiche ipnotiche messe in atto dai regimi dittatoriali.


Anche oggi…

Che, per il citato Zamperini non si esaurirebbero certo con la fine puramente nominale della dittatura stessa. Poiché l’ipnosi, la suggestione, sarebbero attive a pieno ritmo ai giorni nostri, e anzi, con tecniche maggiormente invasive, prive di scrupolo e massimamente illusorie. Insistiamo ancora sulle conclusioni di Zamperini: "Che resta di noi? Sembra che tutto dipenda dalla struttura che ci ha prodotti e che ospita le nostre azioni. Come se fossimo forza d’inerzia incarnata. Illusi di essere noi stessi mentre invece non lo siamo affatto. Sebbene continuiamo a scacciarla dalla mente, si insinua l’idea di una realtà ridotta a prigione pavloviana. Dove il pensiero viene sequestrato e si aspira a un’identificazione senza residui tra i singoli e il dettato della struttura. Un mondo di segnali a ciascuno dei quali è associata una sola e obbligata risposta. Una resa davanti al potere del sistema". Anche se, continua tra le macerie Zamperini, si manifestano qui è là degli "assenteisti" (evidentemente delle menti libere), che sarebbero dunque in grado di sottrarsi alla grande ipnosi. "Sulla scena allora non c’è solo un personaggio che si conforma supinamente a un copione prestabilito. Vi è anche un attore resistente. Impegnato nel compito di modificare il ruolo attribuito o addirittura di non ricoprirlo. La nostra analisi lascia così aperta una porta per una soggettività rivendicatrice. Intenzionata a dire di no all’autorità e ad affermare se stessa". Parrebbe indubbiamente strano il parlare di un testo, quello di Andrea Cavalletti, e dare così tanto spazio ad un libro di Adriano Zamperini. Eppure le conclusioni un poco sconsolate del secondo (che vorrebbe aggrapparsi alla speranza ma non indica una via verso di essa) potrebbero fungere da racconto, da scheletro, da "fabula" del trattato del primo autore. Ché Cavalletti parte da "Mario und der Zauberer", "Mario e il Mago" di Mann, novella del 1930 (tradotta in Italia almeno quindici anni dopo) per mostrarci, dopo un percorso in pratica di secoli, cosa fosse divenuta l’ipnosi (in questo caso di massa), dando principio alla sua trattazione a partire da vari nomi impolverati assai, come quello di Franz Anton Mesmer, autore di pubblicazioni quali "Mémoire sur la découverte du magnétisme animal", del 1779, o la "Lettre à un médecin étranger", 1775. E se si giunse a stabilire che il magnetismo era una favola, differenti furono i pensieri intorno all’"immaginazione", concetto non coincidente con proprietà invisibili e magari di più vasta pericolosità sociale o, rigirando la prospettiva, macchina di controllo sociale. Poiché a un fluido incontrollabile alla fine in qualche modo si credeva. Jean-Baptiste Moheau, in pratica uno scienziato "della popolazione" (è la disciplina che poi verrà definita come statistica), pubblicava nel 1778 le sue "Considérations" ove tratta di un "fluido immenso" che avvolge il nostro globo, penetrando dappertutto, anche nei minimi interstizi. E Nicolas Bergasse - un altro dei grandi semidimenticati ripescati da Cavalletti nella sua teoria di personalità per addettissimi ai lavori - parla, sempre in chiusura di Settecento, di odio e collera e paura, "passioni contagiose che si comunicano con una rapidità che ha talvolta del prodigioso". Ove si ha da notare che l’elemento irrazionale, il "prodigioso", è l’ultima scappatoia possibile concessa quando il vaglio critico non sappia farsi un quadro chiaro e definito dei fenomeni. Di massa specialmente.


I villeggianti

Stupisce che nel Novecento, nella località di villeggiatura italiana dove Mann si trova con i suoi, si dia credito, seppur in versione cialtronesca, al Mago, all’ipnotizzatore, al Mesmer novello, che in realtà non è morto mai, nonostante strumenti di misura che si reputavano aderenti alla conformazione della realtà fisica avessero confermato che la trasmissione invisibile di non si sa bene cosa fosse solo un’impostura. Come nota Vattimo, nella recensione sopra segnalata, "proprio con la scoperta che il mesmerismo e l’idea di un fluido trasmesso invisibilmente non hanno fondamento si comincia a parlare di suggestione, di diffusione di idee per una sorta di contagio prodotto dal potere dell’imitazione". La pratica cialtrona, proprio perché reputata tale, non viene in realtà fatta sparire, ma cambia, per così dire, di padrone. Non il mago imbonitore, dunque, ma un controllo superiore, una super-direzione, un occhio scrutatore e veramente ipnotizzatore. Der Zauberer di Mann è Mussolini, è il dittatore. E’ anche Hitler. Ernst Schramm, che si è occupato dei tiranni, parla, alla maniera vetusta, ancora un po’ alla credulona, da collasso dell’età dei Lumi, dello sguardo di Hitler, che "affascinava con i suoi occhi di un azzurro profondo, sempre lievemente sporgenti, occhi quasi brillanti". Ma questi possono ancora essere gli occhi del Mago Cipolla di Mann, dell’ipnotizzatore vecchio stile, non certo il fulcro dell’apparato di controllo di cui ci ha resi consci Foucault, come ricorda Cavalletti: "Dispositivo biopolitico di controllo della vita e di divisione continua di questa vita tra ciò che dal punto di vista dello Stato appare normale o patologico, pericoloso o sicuro". Alla fine della cura "statale", dovremmo avere la prigione descritta più o meno apocalitticamente da Zamperini. Nonostante qualche attore cominci a scuotere il capo, a ribellarsi dal copione obbligatorio.


Via di fuga filosofica

E anche per Andrea Cavalletti c’è modo di uscire dall’esperienza totale della cecità e dell’obbedienza. Innanzi tutto c’è il ricorso alla violenza: Mario uccide il Mago. Ma negli ultimi passi del trattato, col ricorso alla filosofia più che alla psicanalisi (che della suggestione spesso e volentieri si è servita), l’autore propone un rapporto anche più morbido fra ipnotizzatore e ipnotizzato. Con Heidegger che rilegge Aristotele ("Sull’essenza e la realtà della forza", tr. it. 1992) si introduce il concetto di "passività che vibra, priva di resistenza". Così che "la forza del suggestionatore si duplica e confonde nella spossatezza del sonnambulo, è in balìa della passività del suggestionato". Come se, a un tratto, nel processo stesso, le differenze si azzerassero, stabilendosi una sostanziale parità. Negli interstizi stessi della suggestione si nasconderebbe un sorta di risoluzione, per lo meno in via teorica. L’importante – ha sostenuto Cavalletti intervistato a novembre da "Repubblica" - è uscire dalla concezione "verticale" della relazione di dominio: "Se si accedesse a una dimensione dove passività e attività si confondono, come può accadere in un rapporto amoroso, allora non dovremmo temere un mondo dove ‘tutto è suggestione’". A dire il vero, e non temendo dunque di osare, ci piacerebbe esporre un nostro particolare richiamo ad un filone filosofico in qualche maniera correlabile a termini come suggestione, attrazione e affini. E’ la filosofia di Campanella e Telesio: ove gli esseri si trovano in un rapporto di "interazione" reciproca (la versione "buona" del mesmerismo, insomma). Ove "conoscenza" è in qualche misura "perdita" (e il suggestionatore scenderebbe dal podio, si depotenzierebbe). Ove non si esclude che l’uomo possa modificare tali rapporti tramite la magia. Con qualche sforzo, seguendo il filone, ci si può anche ritrovare sotto l’occhio incantatore del ciarlatano Mesmer. Ciarlatano o resuscitatore di un’antica tradizione proibita?

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